Una moderata restrizione calorica aumenta la plasticità del cervello adulto.
La fame non aguzza l'ingegno, ma un po' di appetito si. Tra i benefici della restrizione calorica, oltre alla longevità, sono spesso emersi miglioramenti cognitivi, grazie soprattutto al rallentato declino di apprendimento e memoria con l'età.
Un gruppo di neuroscienziati del CNR e della Scuola Normale Superiore di Pisa, guidati dal presidente dellìAccademia dei Lincei Lamberto Maffei, ha dimostrato su "Nature Communications" come mai: una moderata restrizione alimentare attiva meccanismi fisiologici che restituiscono al cervello adulto una plasticità giovanile.
Lo studio ha fatto uso di un classico modello di plasticità neurale, i riadattamenti della corteccia visiva. Di norma uno dei due occhi è più attivo dell'altro, e ha una rappresentazione più ampia nella corteccia visiva. Se però nei giovani animali l'occhio dominante resta occluso per un po', la corteccia si riorganizza a favore di quello funzionante. Se la deprivazione si protrae l'occhio occluso perde la sua acuità e si ha l'ambliopia ( il cosiddetto occhio pigro), che può essere corretta invertendo l'occhio chiuso e quello aperto. Questo è possibile solo nell'infanzia, quando il cervello è plastico. Nell'adulto l'ambliopia non è correggibile.
Ratti adulti tenuti per un mese sotto un particolare regime alimentare, che ne ha ridotto del 20% l'apporto nutritivo, hanno invece recuperato una duttilità simile a quella infantile, tornando capaci di cambiare occhio dominante e guarire dall' ambiopia. La ritrovata plasticità - hanno rivelato le analisi- dipende dal calo di segnali biochimici che di norma la inibiscono, quali il neurotrasmettitore GABA.
Oltre che nella corteccia visisa, il GABA cala anche nell'ippocampo, una regione essenziale per l'apprendimento. Come altri lievi stress, inoltre, la privazione di cibo aumenta leggermente i livelli di corticosterone, e simulando con farmaci le variazioni ormonali indotte dalla dieta si ottiene un analogo aumento della plasticità.
Queste e altre osservazioni suggeriscono un'interpretazione suggestiva, sebbene per ora speculativa: che come adattamento a situazioni difficili, quali la penuria di cibo, il cervello recuperi una maggiore capacità di modificarsi in funzione delle esperienze.
Giovanni Sabato
(tratto da Le Scienze Ottobre 2011)
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