Celiachia o sensibilità al glutine? Niente paura, l’offerta di farine adatte non manca.
La maggior attenzione al benessere e alla cura di sé ha portato alla ribalta anche in Italia temi come quelli delle allergie e delle intolleranze alimentari. Dalla celiachia, alle intolleranze al latte, al grano, all’uovo, alla soia (le più diffuse nel nostro paese).
Un numero crescente di consumatori - non importa se veramente allergici o semplicemente ipocondriaci - si preoccupa di escludere dalla propria dieta, sia a casa sia fuori, l’assunzione di questi nutrienti. Non sono rari neppure i casi di persone che, pur non soffrendo di nessuna intolleranza desiderano comunque riequilibrare l’assunzione di certi alimenti. Anche loro vanno dunque ad ingrossare le fila di chi acquista i cosiddetti alimenti “free from” e li cercano anche al bar e al ristorante.
Soddisfare la domanda di questa eterogenea platea non è impossibile. Richiede certo un po’ di buona volontà nel documentarsi sull’argomento. E comporta l’adozione in cucina di pratiche atte a evitare la contaminazione incrociata fra gli ingredienti “free from” e quelli contenenti potenziali allergeni (piani di lavoro, attrezzi di cucina, pentole e piatti dedicati).
E, negli acquisti, di individuare fornitori di materie prime indicate anche per i diversi tipi di allergie e intolleranze.
Qui di seguito ci focalizziamo sulle farine, un ingrediente presente in un’infinità di ricette.
Farine che possono essere fonte di glutine, ovvero la componente proteica dei cereali - presente nel frumento e in alcune varietà di cereali quali avena, farro, grano Khorasan o Kamut, spelta, triticale, orzo e segale - che, chi soffre di celiachia o, semplicemente, è intollerante al glutine, deve o preferisce evitare.
Senza glutine: comparto in crescita.
Come anticipato, l’offerta di sfarinarti (non si possono chiamare farine) naturalmente privi di glutine e quindi ammessi nella dieta di chi soffre di celiachia si sta via via ampliando. Sono sempre più numerose infatti le aziende molitorie che hanno avviato programmi di ricerca volti a mettere a punto sfarinati che possono sostituire le farine di grano tenero contenenti glutine.
Al recente salone internazionale Gluten free expo di Rimini hanno partecipato poco meno di una decina di aziende molitorie due delle quali hanno dedicato al “gluten free from” un impianto produttivo ad hoc (scelta obbligata per garantire dal rischio di cross contamination).
Due aziende che, comunque, stanno puntando su cavalli diversi. Una ha individuato nel grano saraceno e nella quinoa, due ingredienti naturalmente privi di glutine, in grado di controbilanciare l’elevato carico glicemico tipico di molti sfarinati per celiaci oggi in commercio.
L’altra ha invece puntato fin dal 2012 sulla messa a punto di miscele con una lavorabilità elevata e con un profilo gustativo molto simile a quello delle farine di grano tenero.
Sono a base di farina di mais e di riso, con l’aggiunta di farina di guar, in grado di rallentare e ridurre l’assorbimento dei glucidi, di fecola di patate, latte in polvere, psillium e di altre fibre vegetali.
Ma sta anche lavorando su cereali alternativi, come il teff, di origine africana e naturalmente privo di glutine, che ha una conformazione particolare. Dai chicchi molto piccoli, la sua crusca non si separa dal cuore del chicco durante la macinazione. Se ne ottiene, quindi una farina naturalmente integrale e ricca di fibre, con un ottimo profilo nutrizionale.
La riscoperta di grani antichi.
Pe chi ha problemi di allergia al glutine, non di celiachia, un’alternativa agli sfarinati senza glutine, ove il medico li ammetta, sono le farine ottenute da grani antichi, come possono esserlo il farro monococco, dicocco e spelta, il Kamut e diverse varietà di grani duri e teneri, che gli agricoltori italiani coltivavano abitualmente nella prima parte del secolo scorso, ma che negli ani 70-80 sono stati accantonati per lasciar spazio alle più redditive colture di grani moderni.
Tra i grani antichi figurano Senatore Cappelli, verna, tumminia, russello, perciasacchi, maiorca, pilusedda di Ustica, realforte, gentil rosso e molti altri ancora radicati in diversi areali italiani e oggi oggetto di una riscoperta.
Si tratta di grani che non sono stati oggetto dei programmi di miglioramento varietale, portati avanti negli scorsi decenni. Programmi che, tramite successivi incroci, ma anche tramite irradiazioni con raggi gamma, hanno reso i cosiddetti grani moderni più produttivi, resistenti alle malattie e meno alti, così da evitare il cosiddetto allettamento.
In particolare l’irradiazione con raggi gamma ha causato una mutagenesi del grano che, ha causato una mutagenesi indotta del grano che, ha avuto come effetto collaterale un incremento del contenuto di glutine nei chicchi e un cambiamento della tipologia di questo glutine, oggi più aggressiva e meno digeribile per l’uomo. È così, per esempio, che varietà di grano moderno arrivano a un gluten index di 60-70 mentre il tumminia si ferma a 8.
Le farine di grani antichi, ben inteso, sono produzioni di nicchia disponibili sul mercato in quantità limitate, sia perché i grani da cui derivano sono coltivati su piccoli areali e hanno un bassa resa per ettaro (anche solo un sesto rispetto ai grani moderni), sia perché sono normalmente macinati a pietra, non in mulini a cilindri, e quindi il processo di macinazione è più lento e il tasso di conversione della granella in farina è del 50%, di gran lunga inferiore rispetto a quello dei mulini a cilindri.
Produzioni di nicchia, dunque, anche se non introvabili, in buona parte con un ottimo profilo tradizionale. La macinazione a pietra infatti è l’unica che dà una farina veramente integrale.
La molitura con mulini a cilindri richiede molta umidità che finisce per risvegliare il germe dei chicchi. Germe che quindi va rimosso per evitare che la farina si degradi velocemente. E che eventualmente è riaddizionato alla farina, insieme a parte della crusca, dopo un trattamento di tostatura o chimico che lo stabilizza. La macinatura a pietra naturale, al contrario, richiede poca umidità e consente una farina che naturalmente ha al suo interno sia il germe sia parte della crusca e che quindi ha un indice glicemico inferiore e un miglior sapore e profumo.
*Tratto da C’è farina e farina di Michela Achilli - Linea diretta n. 4 di aprile 2015