Ogni cosa che ti accade rende vecchio il "te stesso" che conosci. Non è certo da lì che arriveranno soluzioni per i nuovi problemi.
Perchè? Perchè tu ti sei fatto quell'idea in base ai fatti che ti sono capitati nel tempo e che hanno costruito abitudini mentali.
Le mucche che vivono in un allevamento si abituano a mangiare tutte alla stessa ora e quando il contadino sta per aprire la stalla tutte assieme fanno "muuuuuuu"...
Senza che nessuno glielo dica escono una ad una e lo leccano in segno di gratitudine e ripetono tutti i giorni la stessa azione. Insomma, sono identificate in un modello di cibo-relazione.
E questo vale anche per noi. Nella vita abbiamo fatto tante cose e non è che le abbiamo fatte sempre perchè ci venivano spontaneamente, tranne qualche raro episodio. Per lo più ci siamo adattati a realtà che abbiamo trovato già fatte.
Solo che poi abbiamo creduto che fossero loro la nostra identità, ci siamo identificati e abbiamo detto: "Io sono queste abitudini, questi pensieri, queste opinioni". Ma come puoi ora pensare di risolvere un problema nuovo partendo dallo stesso sistema mentale in cui è nato?
Cosa fanno i sacerdoti.
"Risolvere il problema" vuol dire prima di tutto disintegrare e distruggere tutte le idee che ti sei fatto. E cosa rimane? Rimani tu.
Le religioni ce lo insegnano. Tutte hanno dei codici che mirano a distruggere l'identità acquisita: il buio, il silenzio, il digiuno, il canto, le candele accese, il nome... I sacerdoti si cambiano nome.
"Guarda che il nome che hai avuto fino ad adesso va buttato". Più chiaro di così!
Quando hai un problema prova a dire: "Voglio essere silenzioso"; il silenzio ha più potere della parola. Tu dici invece: "Starò bene quando mia mamma la smetterà di guardarmi con quel viso arrabbiato e andremo d'accordo, perchè questo è il mio problema".
No: non è il tuo problema, è quello che il sistema mentale in cui sei identificato chiama "il problema". E se questa inimicizia ti servisse per attivare funzioni di te che ti ostini a tenere spente? Dovresti fare un ragionamento molto semplice: "Chi mi ha portato il problema? e perchè proprio a me?".
Solo così può iniziare un rapporto più autentico con te stesso. Forse il tuo interno voleva quella cosa più di qualsiasi altra al mondo, ne aveva bisogno per risvegliare qualcosa in te, e così l'ha chiamata. Ha chiamato quel litigio con tuo marito, quello stato di inquietudine, quel desiderio forte e sconvolgente...
Cosa puoi fare tu.
Prova a dirti: "Io voglio quel problema! Qualcosa in me l'ha chiamato e io sono qui per quel problema. Anzi, sono nato per quel problema. Ma non per risolverlo! Io non so risolverlo e non devo far niente, non devo agire, non devo decidere. Devo solo averlo al mio fianco".
Tutte le volte che ti allontani dalle identità scontate entri in uno stato simile a quello del contadino: seminare e aspettare, percepire i propri stati senza fare commenti, fino a che, giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto, i problemi...non ti viene neanche più desiderio di risolverli.
Perchè sono le forze dell'inconscio ad attivarsi naturalmente mettendo in campo, da sole, le azioni "nitide" che vanno bene per te.
E come fai a riconoscere le azioni nitide?
Dal fatto che vengono spontaneamente. Come fai a sapere quando non sono nitide? Dal fatto che lotti e ti rompi la testa.
IMMAGINA CHE...
Nel buio della tua mente osserva un fiore che sboccia.
Chiudi gli occhi e prova a visualizzare quello che per te è il "problema". Guarda nel lato sinistro di questo buio che c'è dentro gli occhi e immagina che lì ci sia il problema.
Lo guardi, e lo lasci lì, esattamente come è. Non devi fare niente, devi guardarlo e lasciarlo lì. Mentre lo lasci lì e lo guardi, nel lato destro del tuo buio cerchi un bosco e nel bosco un fiore.
Quindi: nel lato sinistro c'è il problema e nel lato destro un bosco e un fiore. I due processi, il problema e il fiore, stanno agli antipodi. Non si guardano nemmeno, ma tu a sinistra vedi il problema e a destra il fiore. Osserva per un po' la situazine , poi riapri gli occhi.
Il significato.
Se puoi stare con il problema e vederlo e contemporaneamente immaginare un fiore, il problema e il fiore possono stare insieme, tu puoi fiorire insieme al problema.
(tratto da: Riza Psicosomatica n.380 2012)